Il popolo autore nella Figlia di Iorio di Gabriele d'Annunzio - Annamaria Andreoli
di Annamaria Andreoli
- Anno Edizione:
- 2014
- Collana/Rivista:
- Biblioteca di Sinestesie
- Casa Editrice:
- Sinestesie Edizioni - Avellino (Associazione Culturale Int.le)
- Argomento:
- Letteratura e linguistica
- ISBN:
- 978-88-98169-35-1
Descrizione:
isbn 978-88-98169-36-8 ebook - € 4,99
Biblioteca di Sinestesie, 18
2014, pp. 271
Il mito romantico del popolo autore, il mito dell’opera d’arte
corale «che si fa da sé» non poteva trovare compiuta realizzazione se
non sulla scena. La Figlia di Iorio (1903), capolavoro del d’Annunzio
drammaturgo, ripropone un’antica leggenda dell’Abruzzo celtico
e la vicenda, collocata in un tempo immemorabile, risolve vittoriosamente
lo spinoso problema, tutto italiano, della lingua recitata.
I personaggi della leggenda dannunziana riproducono gli accenti
remoti delle nostre grandi Origini con tale perizia che il pubblico
viene immerso nella temperie linguistica da cui sono nati la Divina
Commedia o il Decameron. Non si tratta tuttavia di una tragedia
antiquaria ma di unatragedia modernissima, in quanto punta su
di una popolarità complessa, attiva e passiva: la prostituta redenta
dall’amore è un’«invariante» della Signora delle camelie come della
Traviata. L’omaggio per la Duse appare evidente da parte di chi le
offre, ai vertici della poesia, l’opportunità di non discostarsi dal suo
repertorio più applaudito.