La flotta di Barbarossa a Vulcano e Lipari nel 1544 - Jérome Maurand

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    Descrizione:

    Mm. 220X155; pagine 20, con 3 figure nel testo.

    "La flotta di Barbarossa a Vulcano e Lipari nel 1544" di Jérome Maurand Jérome Maurand, autore di una cronaca del 1544 che porta il titolo "Itinerario da Antibes aCostantinopoli", è un nome quasi sconosciuto agli eruditi italiani che si sono occupati dell'avventurosoperiodo in cui la flotta ottomana comandata dal celebre Ariadeno Barbarossa percorse e razziò i mari d'occidente. Eppure il manoscritto di Maurand, pervenuto nella raccolta di Peiresc alla Biblioteca di Carpentras (c.G. 1777) e pubblicato già da quasi un secolo (1901) a Parigi da Léon Dorez, per i tipi di Ernest Leroux, con traduzione in francese, costituisce su tale argomento una fonte preziosa e per molti versi insostituibile. Nella lunga introduzione premessa alla rara edizione è peraltro ricostruito, con fine acume critico, il quadro storico-politico dell'epoca ed è riportato un copioso apparato documentario. Del personaggio Maurand, che incontriamo nell'Itinerario come cappellano tra i dignitari al seguito dell'ambasciatore francese Antoine Escalin des Aimars, baron de la Garde, detto Polin, nel viaggio che questi, sotto la pressione di Barbarossa, fu costretto ad intraprendere nel 1544 alla volta di Costantinopoli, sappiamo ben poco. La maggior parte delle notizie che concernono la sua vita si ricavano dallo stesso Itinerario. Sarebbe nato agli inizi del XVI sec. da un'agiata famiglia proveniente da Savona. Era cugino di JeanAntoine Lombard, detto Brusquet, il famoso buffone di corte di Enrico II immortalato da Brantòme. Avrebbe viaggiato in Italia, visitando Roma, Milano e Venezia. Avrebbe coltivato, secondo lo spirito del tempo gli studi umanistici, in particolar modo l'epigrafia. A tal riguardo la fonte dell'Itinerario si incrocia con quella di un altro manoscritto latino (n. 8957) della Biblioteca Nazionale di Parigi, dove si trova la stesura definitiva (posteriore al 1572) di un vero e proprio corpus delle antiche iscrizioni di Antibes, che Maurand aveva già abbozzato nell'Itinerario e che infine rivela la reale ispirazione umanistica dell'erudito, del resto di già segnalata nel secolo scorso da M. Hirshfeld (Corpus inscriptionum latinarum, t. XII, Gallia Narbonensis, Berolini, 1888, in fol., p. 28, col. 2). Attende alla stesura dell'Itinerario dal 1547 al 1561, anche se la redazione definitiva è del 1572. Muore dopo il 1579. La missione che nel 1544 Maurand decide di eseguire si presentava sotto ogni profilo piena di pericoli. Non ultima la delusione e la rabbia maturate tra i turchi, i quali attratti nelle coste francesi da molte promesse (poi non mantenute) gestite dall'abilità diplomatica di Polin, dopo un inverno passato a Tolone si apprestavano a fare vela verso Costantinopoli. Ma a spingere il cappellano ad imbarcarsi sulla Réale, la celebre galera di Polin, fu forse la considerazione che quella sarebbe stata probabilmente la sua unica occasione per potere conoscere terre tanto ricche di storia. Nell'Itinerario, le descrizioni delle rovine nelle isole greche e in Asia Minore confermano il fervido interesse che le animava. Le navi francesi al seguito della flotta turca furono presenti in tutti gli assedi e alle devastazioni intraprese da Barbarossa lungo la via di ritorno in patria. Il diario di Maurand diviene la cronaca diretta ed immediata di tali terribili episodi, tra cui la presa di Lipari, dove, tutti gli abitanti, dopo un'estrema resistenza vengono fatti prigionieri e condotti in schiavitù. Nel programma di ricerche e di studi avviato dal Centro "P. Orsi" nelle isole Eolie, la testimonianza di Maurand ci è sembrata infine meritevole di essere divulgata, non solo per la sua unicità tra le fonti storiche che tramandano l'episodio della presa di Lipari (che tanta impressione destò tra i contemporanei), ma anche per le descrizioni dei luoghi che in essa troviamo, le quali, insieme ad alcuni disegni dello stesso autore, risultano importanti per altri campi di indagine. Le pagine di Maurand che riproduciamo sono in realtà uno squarcio fotografico, quasi filmato, perciò molto vivo e verace, che la parola semplice dell'autore rende privo di retorica eroica, su uno scenario di battaglia pervaso da una estrema tensione drammatica e di una reale umanità. Vittorio Giustolisi