Panarea 2022

16 agosto 2022 - ore 14,35
  • panarea_2022_asini_meglio_delle_persone.jpegPanarea: tra archeologia e natura per sfuggire all’imbarazzante mondanità che regna sull’isola

    Ferragosto 2022, l’isola di Panarea è circondata da barche e barchette di tutti i tipi che affollano ogni cala, ogni scoglio, piene di gente che ritiene che buttare i resti della frutta a mare sia un’opera benefica per i pesci e per l’ecosistema marino e che scaricare il proprio wc chimico non sia poi chissà quale grave danno, tanto i bisogni umani sono anch’essi biodegradabili, come la frutta…
    Sono le stesse persone che al tramonto cominciano ad accalcarsi lungo il porto di Panarea, tutti improfumati e imbellettati per fare l’aperitivo e poi cenare nei locali più cool dell’isola.
    Ma si può fuggire questa imbarazzante mondanità? Si può aiutare questi “culoni pesanti”, che pensano che l’unico modo per girare l’isola sia salire sulle macchinette elettriche e percorrere su giù la stessa strada, a prendere coscienza del luogo che stanno visitando?
    L’unico modo è osservare questo angolo di paradiso nella sua prospettiva diacronica, cercare di vederlo con gli occhi più profondi della storia millenaria che ha lasciato segni ovunque sull’isola, e non mi riferisco solo alla passeggiata fino al villaggio preistorico del Milazzese, ma stancarsi camminando per i sentieri impervi della montagna dove tra la meravigliosa vegetazione di ginepri, ginestre, rosmarini e fichi d’india, affiorano ceramiche di ogni epoca e poi nuotare con maschere e pinne per osservare i fondali e la biodiversità marina che in qualsiasi angolo dell’isola è possibile ammirare grazie alla straordinaria limpidezza dell’ acqua.
    Solo così può nascere il rispetto per questa isola e solo così si può cogliere la vera essenza di Panara, che indubbiamente sconvolge e stanca fisicamente perché di mondano in realtà non ha nulla, è un’essenza forte, antica, primitiva, fatta di natura, storia e archeologia.
    Questa presa di coscienza è necessaria sia per i turisti che soggiornano sull’isola sia per i vacanzieri da barca, che dovrebbero guardare a questo mare come ad un monumento storico, solcato in passato dai minoici e dai micenei e poi dai greci e dai romani, e capire che gettare le bucce di banana in questo mare non è un atto di carità per i pesci, perché quelle bucce i pesci non le mangeranno mai e diverranno immondizia galleggiante sottocosta insieme alla schiuma marrone degli scarichi del loro wc.
    È sufficiente fare un bagno con la maschera e le pinne per capire tutto ciò, uscendo anche solo un attimo dall’hortus conclusus della deleteria necessità di mondanità. Il mare delle Eolie è definito “l’incubatrice del Mediterraneo” perché qui scelgono di deporre le uova moltissime specie marittime, grazie all’alta concentrazione di placton e di correnti che lo rendono il luogo perfetto per far crescere i piccoli appena nati. Ecco quindi che il mare offre da solo tutto il necessario per i pesci e non c’è certo bisogno di buttare dalle barche tutti gli scarti alimentari di cui con disinvoltura e davanti a tutti molti saccenti “lupi di mare” si liberano durante il pranzo per non accumulare sulla propria barca immondizia faticosa da smaltire.
    Meglio sarebbe farsi una passeggiata per i numerosi sentieri segnalati dal CAI con cui si può percorrere davvero tutta l’isola e godere di paesaggi mozzafiato, nonché capire quale ruolo strategico queste isole ebbero in passato per monitorare i traffici dello Stretto che univano l’Etruria alla Grecia e poi Roma all’Africa: dalla montagna di Panarea si possono vedere tutte le isole Eolie e si può osservare perfettamente lo stretto di Messina, la costa calabra da Reggio fino a Vibo Valentia e quella siciliana da Messina fin quasi a Palermo.
    Ecco, lasciarsi trasportare dalla vera essenza dell’isola è l’unico modo per non cadere nella ridicola e umiliante mondanità che fa fare a tutti le stesse cose e soffoca la vera bellezza di Panarea.
    È un istinto di libertà e di voglia di capire in profondità il luogo che ci circonda che non chiamerei nemmeno cultura perché fa leva sull’indole insita in ognuno di noi e non c’è bisogno di conoscere perfettamente la storia o l’archeologia per arrivare sul Milazzese (anche se una bella visita al museo archeologico di Lipari farebbe bene a tutti) e immaginarsi gli abitanti del villaggio preistorico intenti a vivere in quel luogo tanto bello quanto impervio, esposto ai venti e alle tempeste del mare, ma così proteso verso le altre isole e la costa da renderlo ineguagliabile; così come non bisogna essere conoscitori delle biodiversità marine per capire che ai pesci non piace l’anguria (soprattutto la scorza) e che il rispetto del mare non si può chiedere sempre e solo agli altri (come se solo i bisogni degli altri sporcassero e i propri invece fossero da tollerare).
    Pertanto ecco la ricetta per non cadere in una stupidità imbarazzante: rendiamoci liberi, tanto più in vacanza, la barca che sia strumento per conoscere e vivere il mare, non per assembramenti e per fare a gara a chi ha il mezzo più grande o la musica più alta; l’aperitivo e le cene mondane lasciamole per i fine settimana di città, stare su un’isola come Panarea deve essere un’occasione per conoscerla e comprenderla, per godere del suo silenzio, della sua luce e della sua oscurità regolata dalla natura, assaggiare i piatti tipici eoliani e conoscere lo stile di vita degli isolani; passeggiare per l’isola con abiti lunghi e tacchi a spillo vuol dire negare la possibilità di diventare parte di essa; pensiamo sempre che ad una certa età non si possono più imitare i ragazzini, ma si devono educare, in primis con l’esempio.
    Quando veniamo a Panarea partiamo mettendo in valigia il bagaglio giusto ed essenziale: costume, maschera, pinne, boccaio e scarpe per camminare, tutto il resto è superfluo e qui alle Eolie non si addice!
     
    Maria Elisa Garcia Barraco