La lupa che allatta i gemelli: un affresco perduto da Pompei nella casa di Romolo e Remo

18 novembre 2021 - ore 15,13
  • lupa_che_allatta_i_gemelli_pompei_domus_di_romolo_e_remo.jpgA Pompei abbiamo due testimonianze certe dell'esistenza di una venerazione delle origini di Roma anteriori al 79 d.C. legate alla gens Fabia:

    La prima testimonianza è andata distrutta con il bombardamento americano del 1943:

    si tratta di un affresco (la lupa che allatta i due gemelli nell’antro lupercale), scoperto nel 1865 nella Casa di Romolo e Remo, detta anche dellla Lupa allattante i gemelli, regio VII insula 7, n. 10,13. La pittura fu descritta da Wolgang Helbig, in Bullettino dell'Instituto Roma 1865, pp. 234-235 e poi dallo stesso inserita nel suo catalogo delle pitture pompeiane del 1868 sotto il n. 1384 con breve e insignificante descrizione (forse il fatto che sia stato Helbig il primo a descriverla ha indotto qualcuni a pensare aad un falso...). Qalche anno dopo Giuseppe Fiorelli lo ricorda chiaramente nella sua Descrizione di Pompei, Napoli 1875, p. 246, ancora ben visibile in una delle pareti dell'oecus vicino al tablinum della casa. E ancora nel 1940, in pieno periodo fascista di glorificazione dell'Impero, Matteo Della Corte scrive un importante articolo giornalistico "I luperci fabiani di Pompei", Il Giornale d'Italia 11 dicembre 1940, p. 3 con una figura in bianco-nero della copia a colori dell'affresco eseguita da Nicola Ascione negli anni 1903-1907, quando fu molto attivo a Pompei; la pittura, ancora conservata in situ, era già molto rovinata. Per il Della Corte la casa VV, 7, 10 apparteneva a un Fabius H. non meglio identificato ma chiaramente connotante la gens Fabia come adetta al culto degli origini di Roma. Il 24 agosto del 1943 durante la notte il bombardamento aereo alleato colpì gravemente anche questa casa distruggendo praticamente tutti gli apparati decorativi dipinti sulle pareti (v. L. Garcia y Garcia, Danni di guerra a Pompei, Roma 2006, pp. 115-16, figg. 261-264). La copia a colori del dipinto, eseguita da Nicola Ascione, nonché una preziosa e rara foto in b/n degli anni 1930 eseguita dalla russa T. Warsher, sono ora conservate nella collezione Laurentina a Roma.

    La seconda testimonianza è conservata nella sala LXXIII del MANN:

    si tratta di un affresco con le origini di Roma, più completo e articolato nell'iconografia dell'argomento, fu trovato a Pompei nella domus di M. Fabius Secundus et Optata, dunque sempre della gens Fabia, ubicata nella regio V, insula 4, n. 13, negli scavi del 7 aprile1903. Del triclinio dell'angolo NO della casa, con decorazione delle pareti a fondo rosso, molto danneggiata, si riuscì a staccare e portare al Museo archeologico di Napoli, attuale MANN Sala LXXIII senza numero d'inventario, questa importante pittura già lodata dal suo primo illustratore, Antonio Sogliano nel giorno delle Palilie come ricorda nella sua relazione (A. Sogliano, Pompei. Relazione degli scavi fatti dal dicembre 1902 a tutto marzo 2905, Notizie degli scavi di antichità, Roma 1905, pp. 85 e segg., spec. pp. 93-95, fig. 2). L’affresco, inserito in cornice lignea di cm. 125 alt. per 106 l., raffigura un paesaggio perifluviale con collina che mostra due piccoli templi; in alto a sin. il carro della notte, guidato da Diana con la mezza luna in testa, tirato da due cavalli bianchi galoppanti verso destra; la scena si svolge inizialmente di notte; dall'alto discende il dio Marte, totalmente armato; distesa sul pendio della collina giace distesa una donna dormiente, probabilmente Rea Silvia. A sinistra si vedono tre uomini in lunga toga bianca che assistono al prodigio con segni di ammirazione; una grande lesione nell'intonacco ha danneggiato altre due figure sottoposte, probabilmente una masschile e l'altra femminile; in basso a sinistra vi è una figura seduta a terra nella classica raffigurazione dei fiumi, qui il Tevere, ma non nell’iconografia barbata, bensì come giovane imberbe; vengono poi due figure, Mercurio con petaso alato che indica, a una donna che lo accompagna, la scena che è innanzi a loro: una grotta o caverna con la lupa che allatta i due gemelli, Romolo e Remo; fra queste due scene si vede un albero frondoso e una specie di ponticello sotto il quale scorre l'acqua del fiume; finalmente in basso a destra l'ultima figura di donna, con le braccia alzate in segno di stupore e ammirazione. La scena si svolge dunque su tre diversi piani e il Sogliano indicava che Rea Silvia, identificata sempre con la veste gialla, dovrebbe riconoscersi sia nella donna dormiente, sia nella figura femminile danneggiata sia nella donna che accompagna Mercurio, leggendo così la narrazione su tre registri differenti. Per questa importante pittura, nonostante la scarsa qualità artistica e la precaria conservazione nella quale ci è pervenuta, si possono consultare le considerazioni dei seguenti studiosi:
    P. H. von Blanckenhagen, Vom Ursprung Roms, Praehistoriche Zeitschrift 24-25 (1949-56) Berlin 1953, 2, pp. 245-249.
    I. Bragantini, V 4, 13. Casa delle Origini di Roma o di M. Fabius Secundus., in: Pompei. Pitture e mosaici, 3, Roma 1991, , pp. 1064-1067, figg.4-7.
    Cappelli Rosanna, L’affresco pompeiano di Marco Fabio Secondo, in: Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città (Catalogo della mostra, Roma 2000, a cura di Andrea Carandini e Rosanna Cappelli), Milano 2200, pp. 167-176 con tav. a p. 166: disegno a matita di Antonio Pellico + figg. 16-25..
    I. Bragantini - V, Sampaolo, La pittura pompeiana, Verona 2009, pp. 348-349 con tav. a col.

    Le immagini di questi due affreschi sono ora riprodotte a colori all'interno del libro:

    LUPERCAL. La sacra grotta ai piedi del Palatino e il problema delle origini di Roma - Marco Castracane (AR, 43) - Nuova edizione


    © Testo di Laurentino Garcia y Garcia