AEDES IN TELLURE. Dalla pianta marmorea severiana alla sede della Prefettura Urbana - Antonio Insalaco - con prefazione di Lucrezia Spera (IRAW 27)

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    Descrizione:

    In 4°, 262 pp., ill.ni in b/n.


    La ricerca qui presentata si è posta l’obiettivo di localizzare la
    sede centrale della Prefettura Urbana. In seguito al definitivo
    allontanamento dalla città della corte imperiale, le competenze
    amministrative e giudiziarie della Roma tardoantica
    finirono per concentrarsi interamente nelle mani del praefectus Urbi,
    divenuto così il governatore dell’Urbe in nome dell’imperatore: localizzare
    la sede di tale magistratura, pertanto, significa individuare il più
    importante centro di potere della città in quel periodo. Le fonti ricordano
    tale sede nelle immediate adiacenze del Tempio di Tellus: la localizzazione
    del quale, peraltro, si presenta tuttora controversa. La ricerca
    si è concentrata, dopo un’attenta rilettura di tutte le fonti disponibili,
    sulla pianta marmorea severiana: in particolare sul frammento 672,
    in cui compare la planimetria di due edifici templari accompagnata da
    una lacunosa didascalia toponomastica, integrabile peraltro come “aedes
    in Tellure”. La ricollocazione del frammento nell’ambito della pianta
    marmorea ha consentito di individuare la sede centrale della praefectura
    Urbana, proponendone altresì una nuova ipotesi ricostruttiva.


    Antonio Insalaco è Curatore
    Archeologo presso la Sovrintendenza
    Capitolina dal
    2005, ove è attualmente responsabile
    dei Monumenti Antichi e delle Aree
    Archeologiche nel territorio di alcuni
    Municipi del Suburbio; in precedenza,
    ha svolto il ruolo di responsabile
    del Museo della Civiltà Romana. Anteriormente
    a tali incarichi ha svolto
    servizio nella Direzione Regionale
    Cultura della Regione Lazio ove,
    all’interno dell’Ufficio Musei Archivi
    e Biblioteche, è stato responsabile del
    Servizio Musei Civici Archeologici: in
    tale ruolo ha curato diversi progetti e
    interventi sul patrimonio museale regionale,
    realizzati d’intesa con l’allora
    Soprintendenza Archeologica del
    Lazio. Proprio durante tale periodo,
    in particolare fra il 2003 e il 2005, ha
    maturato una importante esperienza
    relativamente al recupero ed alla musealizzazione
    di Palazzo Silvestri Rivaldi,
    da cui la ricerca qui presentata
    ha tratto spunto. In precedenza, ha
    seguito e coordinato diverse indagini
    archeologiche, tra le quali si ricorda
    in questa sede solo quella che ha messo
    in luce il sito del “vicus Caprarius”.
    Di tale sito non ha curato solo lo scavo
    – comunicandone da subito i risultati
    nella monografia “La città dell’acqua.
    Archeologia sotterranea a Fontana di
    Trevi” (Milano 2002) – ma anche la
    musealizzazione, che rappresenta tra
    l’altro un esempio di sinergia pubblico/
    privato. È autore di numerosi testi,
    fra articoli su riviste scientifiche e
    contributi in opere collettive, fra cui
    si ricorda in questa sede solo lo studio
    “Rilettura di un gruppo di frammenti
    della Forma Urbis”, in “Caelius
    I. Santa Maria in Domnica, San Tommaso
    in Formis e il Clivus Scauri”
    (Roma 2003): esso infatti è dedicato
    alla pianta marmorea severiana, tema
    centrale della ricerca qui presentata.