Pasqualino Fainelli. La perla nera. Diario dall’Africa orientale (1935-45) DM 26 - a cura di Piera Fainelli
di
- Anno Edizione:
- 2025
- Collana/Rivista:
- Damnatio Memoriae - DM
- Casa Editrice:
- Arbor Sapientiae Editore - Roma
- Argomento:
- Biografie e carteggi
- ISBN:
- 979-12-81427-61-7
Descrizione:
Non solo un diario personale e di guerra, tenuto da Pasqualino Fainelli durante i dieci anni trascorsi in Africa (1935-1945), ma anche una mappatura precisa di tutti i territori l’identificazione dei personaggi che hanno fatto parte di questa storia straordinaria, contestualizzati nel loro passato e nel loro presente, che oggi costituisce parte della storia del nostro Paese e di quella dell’Africa orientale.
Pasqualino Fainelli, nasce ad Antrodoco (RI) il 26 dicembre 1911, parte a 24 anni da Carabiniere Reale per una colonia del Regno Italiano in Africa orientale, inconsapevole che trascorrerà lì i dieci anni successivi durante i quali scoppierà la Seconda guerra mondiale e resterà prigioniero degli inglesi per quattro anni. Tornerà a Roma nel 1945 da pluridecorato e diventerà poco dopo Maresciallo Capo dei Carabinieri. Si innamora e sposa Maria Esposito nel 1950, dal matrimonio nasceranno tre figlie, Piera, Anna e Rita. Muore prematuramente il 10 marzo 1966 a Salerno per causa di servizio, conseguenza della sua permanenza in Africa.
Dalla prefazione:
Preziosissime sono le testimonianze qui raccolte di un periodo storico molto delicato, e poco approfondito, per l’Italia e per le dinamiche colonialiste che si articolarono prima e durante la seconda guerra mondiale. Lo scenario dell’Africa Orientale, nel decennio racchiuso tra il 1935 e il 1945, è in continua evoluzione: gli Italiani già da decenni avevano possedimenti in Somalia, in eterna contesa con la Gran Bretagna, fino a formare, nel 1908 la Colonia della Somalia Italiana. Nel 1936 la colonia fu soppressa e i suoi territori divennero parte dell’Africa Orientale Italiana, in cui, con il regio decreto del 1 giugno 1936, Benito Mussolini riuniva le colonie italiane del Corno d’Africa riconosciute dalla comunità internazionale. Ecco che ora gli italiani dominavano sull’Impero d’Etiopia, sulle colonie dell’Eritrea e sulla Somalia, attraverso sei governatorati. Si realizzava così il sogno di possedere delle basi strategiche verso il canale di Suez ed il golfo di Aden, nonché di avere territori a disposizione per il fabbisogno del popolo italiano, ma tutta l’organizzazione dell’Africa Orientale Italiana necessitava di un meccanismo di controllo e difesa per tutelare i territori conquistati e la popolazione italiana che qui emigrava con rigida regolamentazione dello Stato.
Una storia ai margini della memoria, che apre però vecchi ricordi e importanti scenari, filtrata dalla prospettiva di un giovane carabiniere reale, Pasqualino Fainelli, inviato in Somalia a 24 anni dal 1935. Apprendiamo dalle pagine del diario che i carabinieri italiani in Somalia, nella loro uniforme color kaky, prestavano
servizio di polizia militare, servizio municipale, stradale ed avevano il compito di reprimere ogni reato che poteva complicare i rapporti tra indigeni e soldati o tra indigeni e civili italiani. Ma ancor più interessante la miriade di informazioni su ogni aspetto della vita quotidiana: dai prodotti, ai commerci, al tipo di monetazione utilizzata. E poi notizie sul clima, non solo sul caldo, ma anche sulle piogge di sabbia e sul freddo. Le epidemie, come per l’ameba, erano all’ordine del giorno; una mosca bianca, detta mosca di Nairobi, al passaggio sulla pelle lasciava tracce come un taglio di rasoio, in cui si formava del pus. Coloro che resistettero a quei lunghi anni in Africa, alla malaria ed alle malattie di vario tipo furono davvero temprati per il resto della loro esistenza. Racconti di sopravvivenza e di continui collaudi alla vita.
La grande storia si snoda, con fare suadente, intorno alle vicende personali del narratore, ma anche a quelle dei suoi compagni, citati sempre per nome e cognome, fatte di missioni e di resistenza. E poi la prigionia infinita, sotto gli Inglesi, con la paura di essere deportati in Gran Bretagna passando dallo stretto di Gibilterra. La partenza della nave il 24 marzo 1945 in un mare in tempesta; l’arrivo da prigionieri il 29 marzo nel porto di Taranto: “si attraversò il ponte elevatore e si entrò a Taranto Vecchio, poi
messi in un recinto, vicino ai prigionieri germanici...”; il ritorno, stremante, verso casa. Non mancano cenni alla percezione in una madre patria
distrutta dalla guerra, dove le persone e le bestie a mala pena si distinguono le une dalle altre, ma anche alla dolcezza di poter rivedere i propri familiari e i luoghi natii.
***
Con uno sforzo di ecdotica testuale nel non facile lavoro di
trascrizione e controllo portato avanti dalla curatrice, la narrazione
in prima persona si svolge in modo serrato, oggettivo,
mai giudicante, al pari di un commentario storico di cesariana
memoria, attualizzato però in uno scenario di guerra mai descritto
con così puntuale completezza e profondità di dettagli.
La sezione finale è dedicata agli apparati di approfondimento
e di spiegazione dei nomi e dei luoghi presenti nel testo, non
sempre di intuitiva decodificazione e per questo utilissima al
lettore.