Il nuovo Centro di Ricerca Interdisciplinare sull’Economia del Vicino Oriente antico (CRIEVOA) - (SUD, 4)
di
- Anno Edizione:
- 2024
- Collana/Rivista:
- SUD. Altri Studi Assiriologici Messinesi
- Argomento:
- Numismatica e storia delle monete antiche
- ISBN:
- 979-1281427-44-0
Descrizione:
In 8°, 270 pp. ill.ni b/n e a coll.
Collana - SUD. Altri Studi Assirologici Messinesi
“Sud. Altri Studi Assiriologici Messinesi” is a new
series of Assyriological monographies, which joins
its mother “Nisaba. Studi Assiriologici Messinesi”.
The latter one, now returned to Messina, after a
brief stay in Winona Lake, is intended to publish
the edition of new cuneiform tablets, the former one
to publish Assyriological studies of various content.
Tavola dei contenuti
RINGRAZIAMENTI
ABSTRACTS
Giuseppe Ucciardello
Introduzione. Il nuovo Centro di Ricerca interdisciplinare sull’economia del Vicino Oriente antico (CRIEVOA)
Pierluigi Ciocca
Ricchi/Poveri. Uno schema e i suoi limiti
Giovanni Iuzzolino
Cosa è nata prima? La moneta o la finanza?
Francesco Pomponio
I contratti di Fāra
Lorenzo Verderame
La povertà nell’antica Mesopotamia. Prolegomeni a un tema di ricerca negletto
Odoardo Bulgarelli
Ricchezza e Povertà negli archivi della Mesopotamia. Ruolo delle Istituzioni e dei privati (IV-inizi II millennio a.C.)
Daniele Castrizio
Contare moneta o pesare moneta?
Mariangela Puglisi
L’uso del bronzo in Sicilia. Dal metallo pesato al metallo monetato (XIII - V secolo a.C.)
Licia Romano
Città d’acqua. La gestione delle acque all’interno dei siti sumerici del III mill. a.C.
Matteo Vigo
Economia e amministrazione nell’Anatolia ittita: una panoramica
Andrea Rebecca Marrocchi Savoi
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei: studio preliminare sull’identità e l’attività creditizia di Ur-Šulpa’e a Nippur
Annunziata Rositani
Pubblico e privato nell’economia del periodo paleo-babilonese
Annunziata Rositani
Conclusioni
ABSTRACTS
Ricchi/Poveri. Uno schema e i suoi limiti
Pierluigi Ciocca – già Banca d’Italia
Fino al capitalismo moderno la determinante dell’arricchimento di pochi non è
stato il profitto, ma il potere: militare, religioso, politico, amministrativo. Alle classi
subalterne non era possibile migliorare la propria misera condizione. Nell’antico
Vicino Oriente il potere era fondato sull’assetto palazzo-tempio prevalente nella
società. Ma la ricerca recente ha documentato persino in quella economia una
tendenza della componente privata a emergere e forse a crescere. La questione
cruciale è se i rapporti privatistici, di domanda/offerta, nel tempo incisero sulla
distribuzione degli averi, altamente sperequata, limitando le risorse prelevate a
scapito dei lavoratori attraverso il potere esercitato da re, sacerdoti, soldati,
funzionari.
Cosa è nata prima? La moneta o la finanza?
Giovanni Iuzzolino – Banca d’Italia
L’articolo propone uno spazio di riflessione comune tra l’Assiriologia e gli
studiosi di economia monetaria e finanziaria. Tale spazio viene individuato nella
questione dell’assenza di moneta coniata nelle civiltà del Vicino Oriente antico,
nonostante la diffusa presenza di strumenti e istituzioni creditizie e finanziarie.
Dopo aver precisato gli ambiti terminologici e metodologici all’interno dei quali
si giustifica la plausibilità della domanda se sia nata prima la moneta oppure la
finanza, vengono delineate tre possibili risposte alla questione di partenza: (1) i
Sumeri non coniarono la moneta perché, a differenza dei “Greci” incapaci di
“pensare” in termini sufficientemente astratti; (2) i Sumeri non ne avevano bisogno
perché, nel loro mondo e con il loro modo di contare e pagare, la finanza, funzionava
benissimo con forme di moneta molto diversa da quella coniata; (3) i Sumeri
utilizzavano forme di moneta con caratteristiche già molto vicine a quella della
moneta coniata.
I contratti di Fāra
Francesco Pomponio – già Università degli Studi di Messina
I contratti di compravendita, che riguardano solo beni immobili (lotti agricoli e
abitazioni), da assegnare al periodo ED IIIa (2.600-2.450 a.C.), ammontano a una
sessantina, con l’aggiunta di pochi contratti di donazioni, pure di immobili. Solo 13
di essi provengono dagli scavi della DOG di Berlino sul sito dell’antica Šuruppak,
moderna Fāra, nella Babilonia centrale (anni 1902-1903), ripartiti tra i Musei di
Berlino e di Istanbul; tutti gli altri contratti vengono da scavi non ufficiali e sono
conservati in una trentina di differenti collezioni pubbliche e private.
Molte informazioni economiche sono fornite da questo ristretto numero di
documenti. Una loro caratteristica è il numero e la varietà delle forme di pagamento
che doveva versare il compratore, i primi quattro ai venditori, di norma più di uno,
il quinto ad altri personaggi, “venditori secondari”, spesso parenti dei primi, e il sesto
a funzionari che partecipavano alla transazione, “lo scriba del campo” e “il fattore
confinante” per i campi, “il maestro che misura la casa” e l’“araldo della strada” per
le case. I beni dei vari pagamenti sono, per il “prezzo”, la “eccedenza” e le parcelle
dei funzionari, quantità di rame o di argento; per il “dono” e le altre assegnazioni,
quantità di orzo e di lana, tessili e vettovaglie: pani, focacce e due tipi di zuppe. Nel
corso della redazione di questi contratti sembra avvenuto il passaggio dal rame
all’argento con funzione pre-monetale.
Una tabella con tutti i dati dei 61 testi conclude l’articolo.
La povertà nell’antica Mesopotamia.
Prolegomeni a un tema di ricerca negletto
Lorenzo Verderame – Sapienza Università di Roma
Il presente contributo è dedicato alla povertà nell’antica Mesopotamia. È questo
un tema poco o per nulla trattato negli studi assiriologici e, in generale, del Vicino
Oriente antico. Lo scopo di questo studio è dunque quello di offrire una panoramica
generale sull’argomento con l’obiettivo di stimolare ulteriori ricerche. A tal fine si
presenta, in principio, una rassegna delle definizioni del termine povertà e degli studi
sull’argomento. Successivamente si discute il lessico sumerico e accadico che denota
la povertà e l’uomo povero e il suo opposto, la ricchezza e l’uomo ricco. Si
analizzano alcuni aspetti centrali legati alla povertà intesa come mancanza (di cibo,
di proprietà, di igiene) e la conseguente ricerca del povero e l’invidia verso il ricco.
Una sezione a parte è dedicata alle tensioni sociali legate alla povertà. Nelle
conclusioni, si propongono delle prospettive di ricerca per futuri studi.
Ricchezza e Povertà negli archivi della Mesopotamia.
Ruolo delle Istituzioni e dei privati (IV-inizi II millennio a.C.)
Odoardo Bulgarelli – già Banca d’Italia
Il lento esaurirsi di una società egalitaria fu accompagnata, in Mesopotamia, dalla
graduale nascita di una nuova, e molto più avanzata, civiltà. Giunta a maturazione
nella seconda metà del IV millennio a.C., cesserà sul finire del I millennio a.C. Vere
Gordon Childe la ritenne, nel 1950, “The Urban Revolution” (… ma, forse, fu di
più!).
Con quell’evento epocale, nascevano le prime città e la scrittura. Il Paese divenne
di tipo accentrato su tempio e palazzo che disponevano della terra, dei mezzi di
produzione e dell’allevamento. Si introdusse il lavoro obbligatorio (corvée) a favore
dello Stato e venne strutturandosi il lavoro diversificato (funzionari, lavoratori
agricoli, artigiani, ecc.).
Il forte incremento di popolazione e produttività portò alla formazione di surplus
destinati anche al commercio con altri Paesi al fine di procurarsi beni per una ristretta
cerchia di persone (élite) o per edificare templi, palazzi, statue, steli, ecc.,
aumentando così la visibilità e il potere dello Stato.
La non equa distribuzione di ciò che si produceva, creò una cerchia di persone
privilegiate che poté godere di una vita più agevolata, con possibilità di costituire
propri patrimoni che potevano scaturire in ricchezza, in contrapposizione a gran
parte della popolazione che appare vivere ai limiti della sussistenza, se non anche in
povertà. Ne erano strumento, le assegnazioni, per uso proprio, di lotti di terra, ampie
tenute nonché alte retribuzioni e attività private.
Ne sono prova, dell’agire per profitto, gli archivi della Mesopotamia che trovano
riscontri negli archivi dell’antico Egitto, seppur con diversificazioni in quanto a
documentazione, tempi e luoghi.
Contare moneta o pesare moneta?
Daniele Castrizio – Università degli Studi di Messina
È mia personalissima impressione che negli studi di Numismatica siano presenti
molti luoghi comuni, dati per accertati, che tutti gli studiosi ripetono agli studenti,
ma che spesso non sono mai stati verificati e sottoposti ad analisi. Nel contempo,
alcuni temi importanti per la comprensione dell’economia monetale e del rapporto
tra lo Stato e le sue coniazioni non sono mai stati approfonditi. È questo il caso del
fenomeno delle contromarche, riguardo alle quali la vulgata afferma che si tratti di
un modo per dare validità a una moneta fuori corso o straniera, spesso con l’obiettivo
di determinarne un valore maggiore rispetto a quello che essa aveva
precedentemente.
C’è forse una spiegazione alternativa a questo assunto? Secondo quali regole, se
ci sono, gli Stati effettuavano i loro pagamenti in moneta? In questa breve disamina
tenteremo di identificare un modus operandi dell’autorità statale, teso a evitare di
dover “pesare moneta”, cercando, invece, di “contare moneta”.
L’uso del bronzo in Sicilia.
Dal metallo pesato al metallo monetato (XIII - V secolo a.C.)
Mariangela Puglisi – Università degli Studi di Messina
La Sicilia, alla luce delle tracce archeologiche relative alla tesaurizzazione dei
metalli sin dalla Tarda Età del Bronzo, appare come importante snodo dei traffici
commerciali mediterranei su un asse est-ovest e viceversa grazie ai suoi tanti approdi
e ad una significativa attività metallurgica, che la vede recepire e trasmettere allo
stesso tempo nuove tecnologie e nuove tipologie di oggetti metallici.
La consuetudine all’uso del bronzo in ambito indigeno ha fatto sì che questo fosse
usato come ‘metallo pesato’ come mezzo di scambio anche nella fase che precede
l’introduzione della moneta.
Le evidenze archeologiche mostrano che tale uso si protrae successivamente
all’arrivo dei coloni greci nell’isola e anche dopo che la maggior parte delle colonie
siceliote si sono dotate di una moneta propria in argento, all’incirca nella seconda
metà del VI secolo a.C. Verosimilmente tale consuetudine agli scambi tramite il
medium del bronzo, non solo in ambito indigeno, ma anche tra indigeni e sicelioti,
all’interno di un quadro di pari rapporti di interazione, avrà svolto un rilevante ruolo,
verso la metà del V secolo a.C. o poco dopo, nell’introduzione in Sicilia, da parte di
alcune zecche coloniali ‘di frontiera’ (Akragas, Selinous, Himera), del ‘bronzo
monetato’, primo caso di monetazione énea in tutta l’area mediterranea. Questa
novità non segnerà, però, la fine dell’uso dell’aes rude o del ‘metallo a peso’ come
mezzo di scambio nel territorio isolano.
Città d’acqua.
La gestione delle acque all’interno dei siti sumerici del III mill. a.C.
Licia Romano – Sapienza Università di Roma
La recente ripresa delle attività archeologiche in Sumer è accompagnata da un
sempre crescente interesse verso gli aspetti geomorfologici del territorio, al fine di
analizzare sul terreno le evidenze relative al rapporto tra Sumeri e acqua, un rapporto
ben conosciuto dal punto di vista testuale, ma molto meno sul campo. Le nuove
indagini sul territorio di Sumer stanno aggiungendo al quadro esistente dati
importanti in relazione alla gestione della canalizzazione naturale e delle risorse
idriche, ovvero a quella che può definirsi “ingegneria idraulica” mesopotamica, base
fondamentale dello sviluppo economico di Sumer. Il controllo esercitato dai Sumeri
sull’acqua era ovviamente volto principalmente ad ottenere dei benefici a livello di
pratiche agricole e dei commerci. Allo stesso tempo, però, la tecnologia idraulica
sviluppata aveva anche un impatto nella organizzazione e gestione multifunzionale
delle acque all’interno dei nuclei urbani. Partendo dalle scoperte nel sito sumerico di
Abu Tbeirah (Nasiriyah, Iraq Meridionale), scavato dalla missione italo-irachena
della Sapienza Università di Roma, si analizzeranno le recenti evidenze
archeologiche della gestione urbana delle acque nel III mill. a.C. e si discuterà
l’ipotesi di una possibile origine di queste innovazioni di “ingegneria idraulica”
basata sull’imitazione di meccanismi naturali.
Economia e amministrazione nell’Anatolia ittita: una panoramica
Matteo Vigo – Sapienza Università di Roma
Lo sviluppo del regno ittita fu fortemente condizionato dalle caratteristiche geomorfologiche
del territorio su cui esso si estendeva. Il sistema economico si basava
su almeno quattro cardini: l’agricoltura pluviale, la transumanza verticale di bovini
e ovini, l’estrazione di metalli e lo sfruttamento delle aree boschive. Abbiamo scarse
notizie sulle attività commerciali, che dovevano essere praticate sotto il vigile
controllo dell’autorità centrale. Per ragioni prevalentemente legate alla morfologia
del territorio, l’economia ittita si configura primariamente come caratterizzata dalla
circolazione di beni di lusso. Non abbiamo documentazione sulla proprietà privata.
I terreni di proprietà dell’autorità centrale venivano concessi a contadini in cambio
di prestazioni lavorative. Ampi appezzamenti di terreni venivano inoltre donati a
membri dell’élite. L’economia ittita era fortemente centralista e per nulla
delocalizzata. Recenti studi hanno inoltre confermato che il controllo diretto del
territorio era probabilmente limitato intorno all’area dell’antico *māt ḫattum. Nel
presente contributo viene inoltre fornita una panoramica aggiornata sulla struttura
dell’amministrazione ittita.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei:
studio preliminare sull’identità e l’attività creditizia di Ur-Šulpa’e a Nippur
Andrea Rebecca Marrocchi Savoi – Università degli Studi di Messina
Questo studio è una prima esplorazione dell’identità e l’attività creditizia di UrŠulpa’e,
figura attiva nell’economia non istituzionale di Nippur durante il periodo
della Terza Dinastia di Ur (circa 2110-2003 a.C.). Attraverso l’analisi dei contratti
di prestito e delle reti sociali che ne emergono si sottolinea l’importanza delle
relazioni sociali nel plasmare l’economia dell’epoca. La presente ricerca dimostra
come, nonostante i tentativi di centralizzazione da parte del potere centrale,
l’economia non istituzionale e le reti di relazioni interpersonali avessero un ruolo
determinante nella gestione e distribuzione delle risorse. Il caso di Ur-Šulpa’e
evidenzia la complessa interazione tra sfera “pubblica” e “privata”, rivelando la
dinamica economica di Nippur attraverso le attività di prestito di orzo e argento e la
partecipazione attiva delle donne negli affari di famiglia.
Pubblico e privato nell’economia del periodo paleo-babilonese
Annunziata Rositani - Università degli Studi di Messina
L’analisi comparata dei dati ricavabili dalla documentazione economicoamministrativa,
dalle raccolte di leggi e dalle lettere offre un interessante quadro
economico della Mesopotamia paleo-babilonese (prima metà del II millennio a.C.).
In questo periodo, infatti, le vaste organizzazioni pubbliche come i templi e il palazzo
rimangono in funzione, ma sono permeate da realtà private che si creano a vario
livello.
Se da una parte le numerose lettere di Hammurabi di Babilonia (1792-1750 a.C.)
illuminano sulla ferma volontà del grande sovrano di amministrare le ricchezze della
corona in prima persona, dall’altra la documentazione amministrativa relativa alla
gestione dei terreni, delle greggi, della lana, delle attività di trasformazione dei beni
e alla gestione dei lavoratori connessi a queste attività permette di comprendere come
i possedimenti dei templi e del palazzo fossero in buona parte affidati a dei privati
che li amministravano individualmente, dietro il pagamento di un canone annuo.
Molti sono anche i ricchi proprietari privati che si affiancano al sovrano e ai
templi nel possesso delle risorse primarie, soprattutto terreni e greggi. Tra questi vi
sono importanti funzionari palatini, religiose, alti ranghi militari che, come le entità
pubbliche, affidano la gestione delle loro ingenti ricchezze a dei privati. Questi ultimi
si connotano come veri e propri liberi professionisti che spesso esercitano la loro
attività indifferentemente dalla natura dei proprietari dei beni, siano essi entità
pubbliche o privati. Allo sviluppo della libera imprenditoria si affianca la crescita
delle associazioni di artigiani e commercianti.