Francesco Maria Torrigio (1580-1649). San Pietro e le sacre Memorie - D. Gallavotti Cavallero (a cura di)

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    Descrizione:

    Roma 2015, pp. 140, XXXVI tavole in b. e n. e a colori. Saggi di M. Ceresa, D. Gallavotti Cavallero, S. E. Anselmi, C. La Bella, P. Pogliani, E. Parlato, M. Ghilardi. 

    Francesco Maria Torrigio, romano, è stato un erudito, scrittore di cose sacre, presente e polemico nei dibattiti con i contemporanei, in età matura canonico di San Nicola in Carcere. Come ancora molti dei personaggi che compongono il panorama culturale del tempo fra Cinque e Seicento, gravitanti intorno ai papi e all’ambiente petrino di quel periodo, Torrigio non ha ricevuto una ricostruzione critica. Le notizie su di lui sono ancora quelle rese note dal contemporaneo Leone Allacci nel 1633, e da Prospero Mandosio nel 1692, che lo inclusero fra gli uomini illustri il primo e fra gli scrittori il secondo, oltre a qualche sporadica citazione di sue opere singole nella bibliografia secentesca e un’altrettanto casuale presenza negli studi moderni.
    Il volume raccoglie una serie di saggi che affrontano il caso Torrigio in alcuni dei suoi molteplici aspetti, anche alla luce di nuove ricerche documentarie compiute nell’archivio del Capitolo di San Pietro e nella Biblioteca Vaticana. A partire dalla sua vicenda biografica, per la quale, accanto alla data di nascita intorno al 1580, i documenti hanno precisato la morte il 17 giugno 1649. Così come è stato possibile ricostruire, da una rilettura attenta dei suoi scritti e da altre labili tracce, la durata della sua attività presso la basilica di San Pietro, la sua residenza nei sacri palazzi, i rapporti con alcuni personaggi del suo tempo destinatari delle dediche nei suoi scritti. Per la prima volta è stato anche stilato un elenco delle opere a stampa di Torrigio, e dei testi manoscritti e a stampa conservati presso la Biblioteca Vaticana. Dove si trovano anche i libri che costituivano la biblioteca dell’erudito, dallo stesso donati.
    Il nucleo più consistente dei contributi nel volume tratta dell’opera più significativa di Torrigio, le Sacre Grotte Vaticane, edita nel 1618 a Viterbo (per i tipi della stamperia Discepoli, alla quale è dedicato uno dei saggi) e in versione molto più ampia nel 1635 a Roma, in dipendenza dall’aumentato spazio espositivo e devozionale dei sotterranei. Questo testo, ancora privo di un’edizione critica, può essere considerato il punto di arrivo nella sequenza di pubblicazioni che presero avvio dalla demolizione dell’antica basilica e ricostruzione della nuova, vicenda che, come è noto, si sviluppa nell’arco di oltre un secolo, a partire dal primo decennio del Cinquecento, intercettando gli sviluppi della Controriforma in materia di memorie cristiane, edifici ecclesiastici e immagini sacre. Nello stesso anno 1618 Torrigio compilò anche una ristampa aggiornata, l’unica a suo nome, delle Cose maravigliose dell’alma città di Roma, poi apparsa con la data dell’anno successivo. La prima edizione delle Sacre Grotte va considerata un testo complementare alle Cose maravigliose, ma meno favolistico e invece influenzato dalla cultura antiquaria e di recupero delle sacre testimonianze di Cesare Baronio, al quale sono dedicate numerose citazioni, e nel cui spirito il materiale è organizzato con un approccio filologico e da catalogo museale. Due saggi in questo volume discutono alcuni casi dell’originario allestimento delle Grotte.
    Particolare importanza rivestono i componimenti poetici che precedono le due edizioni, ai quali è devoluta la funzione di equilibrare i contenuti in chiave controriformata, adombrando il cruento corollario di tortura e martirio che fa da sfondo alla santità del primo cristianesimo. Uno degli studi nel volume si addentra nell’iconografia del supplizio, in relazione a uno degli strumenti conservati presso la basilica petrina.
    Un ultimo saggio, incardinato sul tema della celebrazione delle memorie petrine e di una delle più importanti reliquie conservate in San Pietro, la cathedra Petri, analizza, infine, uno scritto più tardo di Francesco Maria Torrigio, I sacri trofei romani, pubblicato nel 1644, al limite del pontificato di Urbano VIII. L’analisi di un testo, e del suo apparato illustrativo, portato a termine quasi dieci anni dopo la seconda edizione delle Grotte restituisce la mutata attitudine letteraria dell’autore, intrisa di cultura barberiniana e di esplicite citazioni dai componimenti poetici papali, ma saldamente ancorata, per quanto attiene ai principi, ai contenuti e allo spirito baroniani.