IUTURNAI SACRUM. La sacra fonte di Giuturna nel Foro Romano (Fons - Lacus - Aedicula) - AR; 14
di Maria Elisa Garcia Barraco
- Anno Edizione:
- 2015
- Collana/Rivista:
- Antichita’ Romane - AR
- Casa Editrice:
- Arbor Sapientiae Editore - Roma
- Argomento:
- Archeologia e tutela del patrimonio archeologico - Saggi e Ricerche
- ISBN:
- 978-88-97805-57-1
Descrizione:
INDICE
I. GIUTURNA DIVINITĂ€ DELLE SORGENTI
DA NINFA A DEAÂ
IL CULTO
FONTI CLASSICHE E CONTESTI FILOLOGICI
II. FONS: LA SORGENTE NATURALE
III. SANTUARIO DI GIUTURNA
LACUS: LA FONTANA
PUTEAL: IL POZZO
ARA: L’ALTARE
AEDICULA: IL SACRARIO
IV. APPENDIX: THE SPRING OF JUTURNA
“Sacro a Giuturna”, così è scritto sull’orlo del pozzo che permetteva di attingere l’acqua sorgiva ai piedi del Palatino, nei pressi della casa delle Vestali. La divinizzazione di Giuturna come protettrice delle sorgenti si può far risalire ai tempi più arcaici della storia di Roma, in suo onore venne eretto il sacrario che subì nel corso dei secoli vari rifacimenti e adattamenti. L’elemento più antico rimane il recinto intorno alla fonte che accoglieva un lacus di acqua fresca e salubre, molto apprezzata dai Romani. Iuturnalia era la festa a lei dedicata e si celebrava l’11 gennaio di ogni anno per scongiurare la siccità . L’area monumentale sorta intorno alla fonte consacrata a Giuturna risale, nel suo aspetto attuale, all’epoca traianea, quando si operò un consistente rifacimento del sacrario e venne costruita l’edicola su alto podio con colonne marmoree. Venne rimessa in luce durante gli scavi eseguiti da Giacomo Boni all’inizio del Novecento.
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Vicino alle tre colonne corinzie del tempio dei Castori, oggi la fonte è un piccolo complesso monumentale ben conservato composto da vari elementi: il lacus, la vasca dove veniva raccolta l'acqua della fonte; il puteal, il pozzo da cui si attingeva l’acqua salutare; l’ara, l’altare marmoreo con i simboli del sacrificio: la brocca monoansata e il piatto votivo, e l’aedicula, il tempietto che ospitava l’effige della divinità . Dietro la fonte, verso est, vi sono le tabernae di età repubblicana, che dovevano sostenere una rampa di ascesa al Palatino, e un edificio in mattoni di età costantiniana, pavimentato con un mosaico bianco e nero. In questo luogo venne trasferita dal 328 d.C. la sede del curator aquarum, la statio da dove si amministrava la cura delle acque e degli acquedotti, prima ubicata nell’area sacra di Largo Argentina (tra il tempio A e B). Varie statue decoravano l’edificio,tra queste sicuramente una dedicata a Costantino, di cui è ancora visibile il podio con iscrizione, una con Esculapio e fanciullo ministrante, un’altra raffigurante un Apollo arcaizzante scolpita nel I- II secolo d. C. su marmo greco.
Secondo la leggenda presso il Lacus Juturnae comparvero i Dioscuri, i gemelli divini figli di Giove e di Leda, ad abbeverare i loro cavalli dopo aver guidato alla vittoria i Romani contro i Latini presso il lago Regillo (499 a.C.). I due miti, quello dei Dioscuri e quello di Giuturna, rimasero fortemente legati e consacrati nel Foro Romano uno accanto all’atro, in stretto collegamento fra loro, tanto che probabilmente, i restauri repubblicani della fonte sono contemporanei a quelli del Tempio dei Dioscuri. La tradizione trova conferma nei resti delle statue di Castore e Polluce, rinvenute a pezzi all’intero della vasca durante i primi scavi nel 1900, che li raffigurano nell'atto di abbeverare i loro cavalli alla fonte. Anche l’ara con rilievo marmoreo che si vede oggi posta al bordo della fonte fu ritrovata nelle vicinanze del sacrario e rappresenta a rilievo i due gemelli, i loro genitori Giove e Leda e una figura femminile con fiaccola non assimilabile a Giuturna, forse Elena la sorella dei Dioscuri