In Petiis. Il sistema della pecia e la produzione del libro universitario nel Medioevo - Medievalia, 2

di Maria Elisa Garcia Barraco

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    Descrizione:

    In 8°, bross. edit. su cartoncino martellato con bandelle, 152 pp., 10 ill.ni a coll., VIII tavv. f.t.

    Indice:
    INTRODUZIONE – IL SISTEMA DELLA PECIA E
    L’EDITORIA UNIVERSITARIA
    PARTE I – L’ORIGINE DEL SISTEMA DELLA PECIA
    I.1. - Ars naturaliter scribendi: cambiamenti e innovazioni
    nella produzione e nella fruizione del libro medievale
    I.2. - Morfologia libraria ed eredità terminologica
    I.3. - Dal codex alla pecia: cambiamenti nelle modalità
    di produzione
    I.4. - La qualità della pergamena
    I.5. - La modalità di copiatura
    I.6. - La preparazione dello specchio di scrittura
    I.7. - La disposizione del testo e delle parole
    I.8. - La tipologia di scrittura
    I.9. - Nuovi elementi paratestuali
    I.10. - La giustificazione
    PARTE II – LA NASCITA DELLE UNIVERSITÀ E DEI
    LIBRI DI TESTO
    II.1. - La sperimentazione di nuove forme di diffusione
    culturale
    II.2. - Un testo finalizzato allo studio
    II.3. - Studenti e libri
    II.4. - Le auctoritates e i docenti: il rapporto tra tradizione e
    innovazione testuale
    II.5. - Le origini dell’Università
    II.6. - Mani al portafoglio: le spese dello studente e
    il costo dei libri
    II.7. - Libro privato e libro pubblico: le biblioteche
    universitarie in epoca medievale
    PARTE III - I PETIARII E LA PRODUZIONE DI TESTI
    PECIATI
    III.1. - Il sistema della pecia e il concetto di edizione
    III.2. - La pecia come unità di misura
    III.3. - I petiarii e le regole di strutturazione dell’exemplar:
    un apografo modulare
    III.4. - Le correzione redazionale degli exemplaria
    III.5. - Le tipologie dell’exemplar in deposito
    PARTE IV - GLI STATIONARII E LA CIRCOLAZIONE DEI
    TESTI NELLE UNIVERSITÀ
    IV.1. - Aspetti commerciali dal sistema della pecia: gli stationarii
    IV.2. - Funzioni degli stationarii
    IV.3. - Denominazioni dello stazionario
    IV.4. - Assegnazione del prezzo di affitto dell’exemplar
    PARTE V – I COPISTI E LA TRASCRIZIONE PER EXEMPLAR
    E PECIA
    V. 1. - Copista, scriptor e calligrafo: la scrittura come lavoro
    V. 2. - La locatio operis: il contratto di affitto e copiatura
    delle pecie
    V. 3. - I segni “a margine”: tipologie delle indicazioni
    implicite ed esplicite di pecia
    V. 4. – In petiis. la trascrizione modulare delle pecie
    V. 5. - Gli errori di trascrizione del copista
    V. 6. - Il corrector librorum
    CONCLUSIONI
    APPENDICE – «HIC FINITUR PECIA»: manoscritti malatestiani con indicazioni di pecia.
    BIBLIOGRAFIA

    Abstract:
    La pecia (dal volgarismo “petia”, ovvero “pezza”) è il foglio di pergamena che, ripiegato, costituisce il fascicolo del manoscritto. In origine il termine è legato all’ambito delle concerie ed è il pezzo più grande che si possa ottenere da una pelle, preparata in vista della scrittura, una volta eliminate le parti inutilizzabili. Nell’industria del libro medievale la pecia, come l’attuale foglio di stampa, rappresenta l’unità di misura redazionale per eseguire il lavoro di copiatura attraverso una serie di regole che impongono la strutturazione omologata dello specchio di scrittura con suddivisione del testo su due colonne e con spazi deputati ad accogliere glosse o additiones.
    Il sistema della pecia si attiva nel XIII secolo ed è la risposta commerciale del mercato librario medievale alle esigenze legate alla nascita delle Università. È un sistema fortemente strutturato poiché gli Statuti universitari ne fissano in modo normativo le procedure e le fasi di produzione. L’Università s’impegna a garantire, attraverso una commissione interna di petiarii, a sua volta regolata da norme statuarie, l’autorialità e la correttezza del testo da mettere in circolazione. L’originale dell’autore, l’apografo, viene affidato ad exemplatores, che possono essere stationarii o semplici copisti di fiducia dello Studim, per la trascrizione di un antigrafo che rispetti le regole redazionali della suddivisione in pecie. Dal momento che gli errori sono da sempre connaturati all’atto della copiatura e che anche il copista può sbagliare – dall’omissione, alla ripetizione, all’interpretazione scorretta di un passaggio – l’Università deve ufficialmente correggere i testi che saranno depositati per dare origine alle copie destinate agli studenti, ovvero all’edizione. La funzione dello stazionario è di assoluta preminenza nell’avviamento del circuito editoriale. È lui che investe materialmente il denaro sull’exemplar corretto e autorizzato al commercio, sulla gestione del deposito e del prestito. I suoi guadagni sono garantiti dall’affitto contemporaneo a più persone dello stesso exemplar. Dal suo lavoro dipende quello dei copisti incaricati a pagamento, pro pretio, per una copiatura che si esegue in base alla partizione in pecie. Nonostante lo smembramento in fascicoli, il valore commerciale dell’opera rimane unitario: la tariffazione per l’affitto e i contratti di copiatura stimano un prezzo complessivo e mai per singola pecia. Lo studente, con il suo investimento finale e con la traduzione di questo in “sapere” da restituire all’Università, chiude il sistema e ne giustifica l’attivazione.
    Diviso fra due polarità, quella culturale e quella commerciale, il sistema della pecia ha come filo conduttore l’attenzione costante alla serialità e all’omologazione redazionale, che al tempo stesso sono garanzia di controllo testuale e metodologia di lavoro da tradurre in guadagno. La pecia è anche la configurazione del legame tra il nuovo sistema culturale e comunicativo basato sulla lettura con le tecniche che materialmente attendono a costituire un testo; è l’attivazione di una rete di relazioni significanti del “sottotesto” che assicurano la comunicazione visiva, oltre che quella contenutistica, all’interno delle Università.
    La riproduzione di libri per exemplar e pecia rompe l’unità del manoscritto, precedentemente considerato sempre e solo nella sua interezza testuale, per scomporre il testo in parti più piccole dove il fascicolo, ovvero la pecia, diventa la nuova unità di misura. Questa intuizione, che agevola e velocizza la riproduzione, si basa sul medesimo principio che porterà Gutenberg all’ulteriore scomposizione di un testo nella trentina di segni base dell’alfabeto e alla creazione dei caratteri mobili.
    Innescandosi sulla scia dell’ortodossia degli studi paleografici e codicologici lo studio rivendica l’efficacia dell’indagine impostata sulla “forma” del manoscritto peciato – che inevitabilmente sostanzia un contenuto – e su tutti gli elementi che concorrono a materializzarlo. L’analisi della struttura redazionale e dei segni paratestuali utilizzati nel sistema della pecia ha permesso di effettuare un approfondimento inconsueto e di attivare percorsi di interpretazione finora non stimolati dall’approccio classico. In appendice si propone la pubblicazione di alcuni manoscritti peciati, e dei rispettivi ingrandimenti sulle indicazioni di pecia lasciate in margine dai copisti, conservati presso la Biblioteca Malatestiana che ha gentilmente concesso l’autorizzazione alla riproduzione.

    Autrice:
    Maria Elisa Garcia Barraco si è formata in ambito umanistico conseguendo la laurea magistrale in Lettere Classiche presso l’università di Roma «La Sapienza» e specializzandosi prima in Biblioteconomia e poi in Editoria. Ha sviluppato, attraverso lo studio, una forte attenzione per la storia del libro e per gli aspetti tecnici della sua composizione. Si occupa di redazione e collabora come curatrice per la pubblicazione di opere a carattere filologico e archeologico (tra le quali ricordiamo: Alunni maestri e scuole a Pompei, Roma 2004; Archeologia di Trastevere, Roma 2009; Acque urbane in Roma antica, Roma 2010; La Velia e Roma aeterna, Roma 2010; Le satire autografe di Ludovico Ariosto, Roma 2013; Il Mausoleo di Augusto, Roma 2014). È autrice del libro Il Foro Proibito, Roma 2012, ha diretto la collana «Guide archeologiche di Giuseppe Lugli» ed attualmente è direttrice delle collane «ArcheologicaMente», «Antichità Romane» e «Medievalia».