I tetti achei. Terrecotte architettoniche di età arcaica in Magna Grecia. Tekmeria; 15 - Gregorio Aversa -Esaurito

di Gregorio Aversa

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    Descrizione:

    In 4°,  293 pp., ill.ni

    Premessa

    Se le ricerche dell’ultimo trentennio, particolarmente grazie agli studi di Dieter Mertens, hanno accresciuto in maniera esponenziale la nostra possibilità di comprendere sviluppo e meccanismi della cultura architettonica delle poleis del mondo greco d’Occidente di età arcaica, soltanto in seguito alla definitiva pubblicazione degli Hörnerdächer di Olimpia nel volume di Joachim Heiden, Die Tondächer von Olympia (HEIDEN 1995) si è stati in grado di avviare in forma sistematica - e, nei limiti del possibile, esaustiva - lo studio dei problematici sistemi di copertura achei di Magna Grecia. Conseguentemente, è proprio nei confronti di tali lavori che la presente ricerca deve dirsi debitrice nel suo tentativo di proporsi come contributo alla definizione delle caratteristiche di questa specifica cultura architettonica coloniale.
    A partire quindi da tutta la documentazione al momento accessibile, l’analisi è stata priori- tariamente incentrata su significativi nuclei di terrecotte architettoniche esaminate da chi scrive nei musei di Reggio Calabria, Sibari, Crotone, Cirò Marina, Metaponto, Policoro e Paestum, escludendo volutamente i materiali dai santuari panellenici di Delfi ed Olimpia dal momento che essi risultano oramai pubblicati in maniera esaustiva. Inoltre, la nostra indagine trae vantaggio da sempre più frequenti corpora di reperti assegnabili a questa classe di materiali.
    La schedatura integrale del materiale a seguito dell’osservazione autoptica ha avuto luogo in occasione della tesi di dottorato sviluppata nel 2005 presso l’Università degli Studi di Torino ed è stata accompagnata da una serie di valutazioni d’insieme sulle produzioni di coroplastica architettonica greca d’età arcaica, che ho potuto derivare da un approfondito confronto con le produzioni della madrepatria compiuto grazie ad una borsa di studio fruita presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene nell’anno 2001.
    Pur essendo partito dall’intendimento di guardare a tutto il mondo greco coloniale, nel corso del lavoro di tesi sono andato focalizzando la necessità di puntare l’obbiettivo della ricerca esclusivamente sul milieu delle poleis di origine achea. E questo per due ordini di motivi. Anzitutto, un’analisi di vasta portata avrebbe obbligato a prendere in considerazione una quantità enorme e troppo diversificata di documenti, costringendo a valutare tutte le componenti che andavano a far parte del singolo edificio costruito (planimetria, alzato, soluzioni statiche, membrature, elementi decorativi). Secondariamente, lo stato complessivo delle conoscenze sulle realtà urbanistiche e architettoniche della Magna Grecia appare il più delle volte parziale e lacunoso. Del resto, un’analisi puntuale delle problematiche dell’architettura nei suoi vari aspetti necessita di competenze particolari molto avanzate, che consentano di inquadrare le tipicità occidentali in rapporto allo scenario globale dell’intero mondo greco mediterraneo. Valutare l’architettura dell’Occidente arcaico da un’ottica esclusivamente achea consente, al contrario, di far emergere una componente di estremo rilievo nel panorama generale della colonizzazione greca, che gli studi di Dieter Mertens hanno fornito di solide basi dalle quali partire.
    Lo studioso, nella sua opera di sistemazione del vasto campo riguardante l’architettura achea d’Occidente, ha trattato singolarmente le problematiche dell’architettura di Crotone (MERTENS 1983), Sibari (MERTENS-SCHLÄGER 1980-1982; MERTENS 1992), Metaponto (MERTENS 1973; MERTENS 1976; MERTENS 1998; MERTENS 1999 , Poseidonia (MERTENS 1988), anche in forma di approfondito quadro comparativo d’insieme (MERTENS 1980; MERTENS 1981; MERTENS 1993 A), più di recente compendiato in efficaci sintesi sull’argomento (MER- TENS 1999 A; MERTENS 2002). Un aspetto cui egli ha dato particolare risalto, giacché deter- minante nel conoscere questa architettura coloniale, è quello rappresentato dai pochi elementi litici individuati a Sibari (MERTENS 1972) che oggi trovano interessanti corrispondenze in vari siti della Magna Grecia.
    In ogni caso, le maggiori novità dell’ultimo ventennio sullo specifico campo delle terrecotte architettoniche del mondo greco derivano certamente dai lavori di Nancy A. Winter che ha studiato i materiali della Grecia propria sulla base degli stessi principi già applicati per altre classi (WINTER 1990; WINTER 1993 A; WINTER 1993 . Ne sono seguiti i primi sistematici ten- tativi di inquadramento della materia nel suo complesso (MERTENS-HORN 1994 A; VIOLA 1996; STRAZZULLA 1997). Nel contempo, la rinnovata attenzione per tali reperti ha sollevato il problema dei contesti, problema che viene espressamente affermato, ad esempio, nel caso dei tetti etrusco-campani (RESCIGNO 1998) per i quali particolarmente seria appare l’esigenza di ordinare una massa documentaria estremamente vasta e rilevante per la conoscenza dei rapporti tra mondo greco-coloniale e mondo etrusco-italico.
    Le nuove prospettive in questa materia vengono oggi segnalate da studi di carattere generale (G.GRECO 2000; CH.-Ö.WIKANDER 2006) che, anche nello studio delle terrecotte architetto- niche, invitano ad adeguare l’approccio alle attuali linee di ricerca nel campo dell’antichistica. Tra queste trovano spazio da un lato l’approfondimento degli aspetti di ordine identitario in relazione al fenomeno della colonizzazione nel suo complesso (Achei e identità etnica 2002), dall’altro gli studi che affrontano la configurazione dell’artigianato delle apoikiai (CROISSANT 1993; CROISSANT 2003). Prospettive queste, cui la nostra ricerca si propone di uniformarsi.
    Se gli scopi prefissi saranno stati raggiunti lascio giudicare al lettore. Per me serbo il piacere di ringraziare tutti coloro che a diverso titolo mi hanno aiutato nel dare compiutezza a questa fatica.
    In primis i colleghi direttori dei vari musei per l’ampia disponibilità offertami: Maria Grazia Aisa, Salvatore Bianco, Marina Cipriani, Silvana Iannelli, Silvana Luppino, Claudio Sabbione. Congiuntamente ringrazio i Soprintendenti Antonio De Siena e Simonetta Bonomi per avermi concesso di pubblicare i materiali inediti. Un particolare ringraziamento alla dott.ssa Elena Lat- tanzi ed all’amico e collega Roberto Spadea cui si legano le principali esperienze della mia vita professionale. Altrettanta riconoscenza devo al prof. Luigi Beschi per avermi introdotto negli studi e al prof. Dieter Mertens e alla dott.ssa Madeleine Mertens-Horn per il proficuo confronto ed il fondamentale incoraggiamento. Inoltre al prof. Emanuele Greco che mi ha seguito nel perio- do di permanenza ateniese e alla prof.ssa Marcella Barra Bagnasco durante il dottorato. Né posso tralasciare la particolare cortesia dell’arch. Ottavia Voza che ha reso possibile la pubblicazione nella collana “Tekmeria”, nonostante il grave periodo di crisi che l’Italia sta attraversando.
    Ringraziamenti a vario titolo vanno infine a Nunzia Armento, Fabio Aversa, Federico Barello, Gabriella Capecchi, Marilena Cerzoso, Luigi Cicala, Alessandro Cirigliano, Margheri- ta Corrado, Anna Lucia D’Agata, Mario Denti, Giovanna Greco, Vincenzo La Rosa, Luigi La Rocca, Francesco Gioacchino La Torre, Maria Letizia Lazzarini, Lucia Lepore, Enzo Lippolis, Mario Lombardo, Alexander Mazarakis Ainian, Domenico Marino, Fabrizio Mollo, Maria Chiara Monaco, Erik Østby, Enzo Passarella, Carlo Rescigno, Alfredo Ruga, Vincenzo Saladino, Giafranco Screnci, Anna Lucia Tempesta, Gina Tomay, Maria Luisa Viola, Paolo Vitti, Nancy A. Winter. Un caro ricordo per il compianto prof. Paolo Emilio Pecorella con cui ho avuto modo di discutere di problematiche legate al mondo orientale.
    Le fotografie - opera dell’autore ove non diversamente indicato - sono rielaborate dall’amico Domenico Critelli, mentre i disegni si devono ad Adele Borgese, Enzo Lazzarin, Paolo Nereo Morelli, Daniela Perrone, Margareta Schützenberger.
    Un sentimento di profondo riconoscimento devo, infine, a mia moglie che ha accompagnato amorevolmente il mio impegno nella realizzazione di quest’opera ed ai miei genitori, cui dedico il volume, sempre pronti a sostenere i miei sforzi con affetto immutato soprattutto nei momenti più difficili.