Mostra "Volti di Palmira ad Aquileia". Archeologia ferita

28 luglio 2017 - ore 10,38
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    La mostra è visitabile dal martedì alla domenica, dalle 8.30 alle 19.30 (chiusura cassa alle 19) ed è compresa nel regolare biglietto d'ingresso al Museo. Dal 14 luglio al 9 settembre 2017 sarà inoltre possibile visitare la mostra il venerdì sera, dalle 19.30 alle 22.30 (chiusura cassa alle 22).
    Aperture straordinarie sono previste anche lunedì 3 luglio e lunedì 14 agosto 2017, dalle 15.00 alle 19.00.

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    Guerre e devastazioni naturali hanno distrutto, a volte cancellato, le architetture, l’arte e i manufatti artistici delle popolazioni mondiali di ogni tempo. Brucia ancora la memoria dei bombardamenti della seconda guerra mondiale che hanno inflitto ferite profonde all’architettura e all’arte del nostro Paese e di tutta l’Europa. Ma mai si era visto, mai si era assistito, in tempi recenti, al sistematico tentativo di annientare l’altro, attraverso la distruzione della sua cultura, del suo patrimonio, delle vestigia più lontane e profonde che ci han reso ciò che siamo e che pensiamo, nel tentativo di attuare una “pulizia culturale”, come la definisce Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, specchio delle peggiori pulizie etniche. Ancora scorrono vivide le immagini della furia iconoclasta perpetrata a Palmira, ancora ci commuove e indigna l’atroce fine di Khaled al-Asaad, il direttore generale delle antichità dell’antica città siriana, barbaramente decapitato il 18 agosto 2015 per essersi rifiutato di lasciare la città e collaborare con i terroristi.



    Volti di Palmira ad Aquileia, la mostra che apre il 2 luglio al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, è la prima dedicata in Europa alla città dopo le distruzioni recentemente perpetrate. Un’altra tappa, dal fortissimo valore simbolico, di quel percorso dell’“Archeologia ferita”, che la Fondazione Aquileia ha intrapreso nel 2015, in collaborazione con il Polo museale del Friuli Venezia Giulia, con la mostra dei tesori del Bardo di Tunisi per dare conto di quanto accade ormai da anni nei Paesi teatro di distruzioni e violenze operate dal terrorismo fondamentalista, mostrando al pubblico opere provenienti da quei siti.



    L’esposizione, a cura di Marta Novello e Cristiano Tiussi – nata dalla collaborazione tra la Fondazione Aquileia e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia-Museo Archeologico Nazionale di Aquileia grazie ai prestiti concessi dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme, dai Musei Vaticani, dai Musei Capitolini, dal Museo delle Civiltà-Collezioni di Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, dal Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco”, dal Civico Museo Archeologico di Milano e da una collezione privata – raccoglie sedici pezzi originari di Palmira – alcuni dei quali riuniti per la prima volta dopo la loro dispersione nelle collezioni occidentali– e otto da Aquileia che vogliono dimostrare, pur nella distanza geografica e stilistico-formale, il medesimo sostrato culturale che accomuna le due città, mediante l’utilizzo di modelli autorappresentativi e formule iconografiche affini. L’esposizione costituirà, inoltre, l’occasione per restaurare i reperti concessi in prestito dalla Custodia di Terra Sancta, con un intervento finanziato e coordinato dal Polo museale del Friuli Venezia Giulia, che, alla conclusone della mostra, consentirà di restituire i rilievi pronti per la loro esposizione nel nuovo allestimento del Terra Sancta Museum.

    La mostra ha ricevuto il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale ed è realizzata anche grazie al sostegno di Fondazione Nazionale delle Comunicazioni, Gruppo Danieli, Friulana Gas, Cassa Rurale Fvg, e Confindustria Udine.

    Sguardi su Palmira

    fotografie di Elio Ciol eseguite il 29 marzo 1996

    Domus e Palazzo episcopale

    02 luglio 2017-03 ottobre 2017

    Aquileia - Ingresso libero

    Scrive Fulvio Dell'Agnese:


    «Anno Domini 2017: mentre a Kassel, nel contesto di uno fra i principali appuntamenti espositivi dell’arte contemporanea, si costruisce una copia del Partenone fatta di libri, a Palmira continua la distruzione brutale di un sublime sito archeologico. Esaltazione culturale e demonizzazione fanatica dell’antico coesistono.

    In un simile contesto storico, a che può valere l’opera di un fotografo?

    Elio Ciol, che della fotografia europea è riconosciuto protagonista, da oltre mezzo secolo si misura con gli antitetici poli della sua arte: istantaneità e permanenza. Le scene di vita popolare fissate negli scatti degli anni cinquanta parlavano dell’emozione umana in presa diretta, mentre lo sguardo di Ciol si è spinto oltre il quotidiano in memorabili serie di immagini dedicate al paesaggio e all’idea del sacro

    L’immediatezza del reale e la sua trasfigurazione poetica si fondono anche nelle fotografie che l’autore scattò a Palmira nel 1996.

    I soggetti sono architetture e sculture, segnacoli di permanenza secolare contemplati da uno sguardo che li rispetta quali opere d’arte, ma contemporaneamente ne ricompone e fa proprie le geometrie nella metafisica libertà del chiaroscuro, proiettandole contro incombenti cieli cinerei.

    L’addensarsi di un presagio? Fatto sta che i monumenti vengono ripresi pochi anni – istanti, in termini storici – prima del loro ritorno a una fragilità del tutto quotidiana, vittime dell’opaca violenza di una bestialità distruttiva.

    Quasi un destino, per Ciol, essere testimone di scomparse epocali, oltre che di apparizioni: cinquant’anni fa a depositare sulle sue pellicole gli ultimi profumi di fieno e di cultura rurale fu il Friuli contadino di Pasolini e Turoldo; ora viene affidata all’obiettivo la meditazione su una differente transitorietà. È un capitolo di storia e arte universale a vedere insensatamente sbriciolarsi il suo racconto di pietra; non la sua poesia, che il fotografo preserva con magia di luci e di ombre».