La Sapienza sul Palatino, gli scavi diretti da Paolo Carafa: torna alla luce il tempio di Iuppiter Stator - Giove Statore

12 giugno 2014 - ore 08,20
  • la_sapienza_sul_palatino_tempio_di_uppiter_stator_carafa.jpgL’ultima importante scoperta presso le pendici del colle Palatino riguarda il rinvenimento di testimonianze archeologiche identificabili con l’area di culto dedicata a Giove Statore; le indagini sono state condotte da un’equipe della Sapienza Università di Roma sotto la guida di Andrea Carandini, attuale Presidente del FAI, e Paolo Carafa, professore di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana del nostro Ateneo. La notizia è stata resa pubblica nell’articolo n.158 della rivista bimestrale Archeologia Viva, al quale rimando per approfondimenti circa le ricerche condotte, oltre all’Atlante di Roma antica a cura di Andrea Carandini (Mondadori).
    Tradizionalmente si riteneva che il tempio sorgesse sulla Velia, il colle livellato durante l’età fascista per la realizzazione dell’attuale via dei Fori Imperiali. In realtà il santuario venne ricostruito sulla Velia solo dopo l’incendio neroniano del 64 d.C. ed è questa la fase alla quale deve attribuirsi la rappresentazione dell’Aedes Iovis Statoris che ci è rimasta nel rilievo del sepolcro degli Haterii, sulla via Labicana Antica. Un ultimo tempio tardo-antico in onore di Giove Statore venne innalzato lungo la Sacra via nel IV secolo d.C., oggi detto “di Romolo” e attualmente visibile presso la Basilica di Massenzio.
    A ribadire ancora una volta l’importanza delle fonti letterarie ed epigrafiche e del loro indispensabile contributo nella ricerca archeologica è la menzione del tempio nei Tristia (III, 1) di Publio Ovidio Nasone, che conferma la localizzazione del santuario sul colle della X Regio; e ancora, i Fasti Privernati, calendario della città di Privernum con elenco di consoli e magistrati romani, testimoniano l’esistenza del tempio «in Palatio», ossia sul Palatino.
    Giove Statore è fra le divinità appartenenti alle più antiche tradizioni dell’Urbe e l’appellativo Stator significa letteralmente «Colui che ferma»: in età romulea il dio avrebbe infatti bloccato la ritirata dell’esercito di Roma, impedendo ai Sabini di avanzare e raggiungere il palazzo del re (Palatium) attraverso la porta Mugonia. All’interno della sfera religiosa romana quello di Iuppiter Stator può essere definito un culto terminale (dal latino terminus, «confine»), cioè connesso con un limite territoriale, forse in questo caso relativo all’area sacra di rispetto del circuito murario palatino.
    Le testimonianze archeologiche consistono in imponenti fondazioni e grandi blocchi di tufo disposti in filari regolari; il monumento, ben allineato rispetto alla porta Mugonia, è di certo un edificio di carattere pubblico e vi si può probabilmente riconoscere un significato cultuale. Un’ara di età arcaica e medio-repubblicana (in uso fra VI e III secolo a.C.) insieme ad alcuni reperti votivi, venuti alla luce durante gli scavi delle strutture, confermano senza ombra di dubbio la presenza in questo luogo di un fanum, ossia di un’area consacrata a una divinità. In prossimità del santuario sono inoltre stati riconosciuti i resti di una domus aristocratica di età sillana, da identificarsi forse con la casa costruita su suolo e con denaro pubblici che fu ultima residenza di Giulio Cesare fra il 45-44 a.C.
    La prossima campagna di scavo sul Palatino consentirà certamente una lettura più approfondita dei resti materiali e la possibilità di proseguire l’analisi interpretativa di quello che al momento sembra essere uno dei luoghi di culto più celebri della città antica.
    Le scoperte non sono quindi terminate e la ricerca archeologica va avanti.