IL FORO PROIBITO. Luoghi di ospitalità e di erotismo nel Foro Romano (Nuova edizione 2019)

di Maria Elisa Garcia Barraco

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  • Prezzo: € 25.00
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    Descrizione:

    In appendice: G. Lugli, Caupona sive Lupanar.

     In 8°, brossura editoriale con bandelle, 200  pp. su carta avoriata, 49 ill.ni b/n., 5 tavv.


     Abstract:
    La romanità continua a stupire: a due passi dal tempio delle Vergini Vestali, che sarebbero state seppellite vive se avessero violato il loro voto di castità, lungo la via più sacra della città, percorsa quotidianamente da Senatori e Sacerdoti impegnati a preservare le antiche tradizioni e il buon nome di Roma, si offriva sesso a pagamento in un locale con un numero inusitato di celle anguste dove i Romani potevano trovare ristoro e intrattenimento erotico. La storia del Foro è fatta anche di aspetti di vita quotidiana che hanno lasciato tracce meno evidenti e poco studiate all’interno della grande piazza monumentale. Luoghi di prostituzione ricavati nel contesto di osterie e domus strutturate su più piani per sfruttare al meglio uno spazio prezioso e redditivo: al piano terra la cucina e il servizio al banco, un po’ più in basso delle piccole terme e nei sotterranei lunghi corridoi con stanzette grandi quanto basta per ospiare un letto, un tombino e una tenda come divisorio.

    Le contraddizioni della società romana all’apice dell'ascesa sono per Ovidio facile spunto per i suoi versi. La castià degli oculi Vestales che si posano sulla fisicità dei corpora meretricia, rappresentano due figure poste agli estremi della gerarchia etico-sociale dellla Roma del I sec., ma destinate ad incontrarsi e a convivere negli spazi ambigui della città, con sottinteso o esplicito rimando a quanto poteva accadere lungo la Via Sacra, dove appunto le Vestali risiedevano.
    «Corpora Vestales oculi meretricia cernunt,
    nec domino poenae res ea causa fuit
    ».
    «Gli occhi delle Vestali si posano sui corpi
    delle meretrici/senza che questo sia causa
    di punizione al lenone».
    (Ovid., Tristia, II, 311-312)