VIRGINES VESTALES - Il sacerdozio delle vestali romane. Origine, costituzione e ordinamento (AR, 21)

di Maria Elisa Garcia Barraco, Ilaria Soda, Giulio Giannelli

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  • Prezzo: € 35.00
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    Descrizione:

    In 8°, 310 pp., ill.ni in b/n

    Indice:


    Secondo la tradizione fu il re Numa Pompilio che introdusse a Roma, alla fine dell’VIII sec., il sacerdozio delle Vestali, su esempio dell’antico culto latino di Alba Longa. Vesta venne venerata come divinità del fuoco e del focolare domestico ed identificata nella fiamma stessa. Il suo culto dipendeva direttamente dal Pontifex Maximus, assistito dalle Vestali. Era una divinità antichissima, legata non solo al fuoco ma anche alla sacralità dell'acqua di sorgente, utilizzata per la purificazione del suo santuario, dei suoi arredi e per impastare il cibo cultuale chiamato mola salsa. L’arcaicità di Vesta è confermata anche dal suo animale sacro, l’asino, simbolo della cultura mediterranea in opposizione al cavallo, proprio del mondo indoeuropeo, ma anche dalla forma rotonda del sacrario a lei dedicato, su modello delle prime capanne del Latium e dal lucus, il sacro bosco a lei dedicato. Secondo Plutarco inizialmente le Vestali furono solo due, divennero sei all’epoca di Servio Tullio e tali rimasero fino al 391 d.C., quando l’imperatore romano Teodosio ordinò lo spegnimento del sacro fuoco ed il conseguente scioglimento dell’ordine sacerdotale delle Virgines Vestales. A capo del prestigiosissimo sacerdozio vi era la Vestale Massima, ogni sacerdotessa veniva reclutata (captio) da fanciulla e rimaneva in carica per trent’anni, durante i quali aveva l’obbligo assoluto della castità, pena la sepoltura da viva perché nessuna mano mortale poteva uccidere una Vestale, seppur macchiata di peccato. Molti ed eccezionali furono i privilegi ad esse riservati che ne sancirono la libertà come donne emancipate, ricchissime e con diritto di fare testamento. La Vestale era sempre vestita di bianco, col capo adorno delle fasce sacerdotali (vittae e infula) e con i capelli raccolti sotto i seni crines, una specie di parrucca di cerimonia, propria delle matrone. Durante i sacrifici copriva la testa con un largo velo quadrato (suffibulum): la Vestale così bardata era detta armata virgo. Primo dovere delle vergini era la conservazione del fuoco sacro e la cura del sacrario in cui era custodito, costantemente purificato con l’aspersione di acqua pura di sorgente. Il volume, arricchito da un ricercato apparto iconografico, presenta un’imponente selezione di informazioni sul sacerdozio delle Vestali e sugli unidci secoli della loro storia.



    Ogni anno, in marzo, il sacro fuoco di Vesta veniva spento con l’acqua cultuale e riacceso. Durante la cerimonia dell’accensione, secondo Plutarco, il fuoco veniva attizzato catturando i raggi del sole mediante un vaso pieno d’acqua; secondo Festo, invece, bisognava sfregare un legno di albero fruttifero fino a produrne fuoco, che veniva poi portato nel tempio in un recipiente di bronzo.

    Vestalia erano i giorni sacri alla dea Vesta (dal 9 al 15 giugno). In questo perio¬do le Vestali celebravano ringraziamenti alla dea per la compiuta maturazione delle messi. Il Penus Vestae, l’area più sacra del tempio, rimaneva aperto e le matrone vi si recavano a piedi nudi. Lì erano conservati gli oggetti risalenti alle fondazioni mitologiche della città di Roma tra i quali il Palladium, il simulacro arcaico di Pallade Atena e che Enea aveva portato da Troia. Durante questi giorni nella domus Vestae veniva preparata la mola salsa, la focaccia rituale a base di tritello salato e farro abbrustolito, indispensabile per la celebrazione della festività.