Pontecagnano III. Dizionario della cultura materiale. Vol. 1: La prima età del ferro

di Aa.Vv.

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    Descrizione:

    Gastaldi Patrizia; D'Agostino Bruno, 2016, Pandemos
    a cura di Cerchiaia L.
    120 p. ; 37 ill.; 30 cm – (PONTECAGNANO III; 1)



     La serie Pontecagnano III, inaugurata con il presente fascicolo, intende fornire un strumento scientifico e
     operativo utile all’inquadramento crono-tipologico della cultura materiale del centro etrusco-campano: la
     maggior parte dell’evidenza confluita nel Dizionario riguarda l’ampio arco temporale documentato dall’uso
     delle necropoli, dall’Età del Ferro agli inizi del III sec. a.C., ma per la vernice nera la rassegna si è estesa anche
     ai contesti dell’abitato fino al II sec. a.C.
     La collana prevede la pubblicazione di 5 fascicoli, distinti per cronologia e repertori dei materiali:
     III.1. La Prima Età del Ferro
     Il fascicolo, ad opera di P. Gastaldi e B. d’Agostino, è dedicato alla ceramica d’impasto, agli ornamenti, armi
     e utensili e include una rassegna delle principali classi ceramiche di importazione e/o imitazione.
     III.2. Le produzioni ceramiche dall’VIII al VI sec. a.C.
     Il fascicolo, ad opera di M. Cuozzo, B. d’Agostino e C. Pellegrino, è dedicato ai repertori locali dell’impasto
     e del bucchero, delle produzioni di tipo protocorinzio e italo-geometrico e include una rassegna delle principali
     classi di importazione.
     III.3. Le produzioni ceramiche dal VI al II sec. a.C.
     Il fascicolo, ad opera di A. Serritella, A. Gobbi ed E. Mugione, è dedicato alla produzione a vernice nera e a
     decorazione lineare e include una rassegna delle principali classi di importazione.
     III.4. Ornamenti, armi e utensili dall’VIII al III sec. a.C.
     Il fascicolo, ad opera di C. Pellegrino e M. Mancusi, oltre agli ornamenti anche in materiale pregiato, alle
     armi e gli utensili, include una rassegna del vasellame metallico.
     III.5. Ceramiche comuni e anfore da trasporto dall’VIII al III sec. a.C.
     Il fascicolo, ad opera di T. Cinquantaquattro, A. Lupia e S. Savelli, è dedicato al repertorio locale della ceramica
     non tornita, delle produzioni tornite in argilla grezza e depurata e include una rassegna delle anfore da
     trasporto.
     Il progetto si inquadra nella lunga stagione di scavi e studi sistematici condotti all’insegna di una feconda
     collaborazione tra la Soprintendenza Archeologica di Salerno e le Università di Salerno e ‘L’Orientale’ di Napoli:
     l’idea di predisporre un repertorio tipologico di Pontecagnano, finalizzato all’elaborazione di una classificazione
     della cultura materiale fondata su criteri logici e descrittivi trasparenti, ha accompagnato tutta la storia,
     ormai lunga, delle ricerche sull’insediamento, a partire dall’edizione di un settore di necropoli di età orientalizzante
     pubblicata da B. d’Agostino nelle Notizie degli Scavi del 1968 1, in cui lo studioso elabora una sequenza
     crono-tipologica dei materiali che conserva ancora una sua piena validità.
     Un salto di qualità essenziale verso una dimensione di sistema interviene con la convenzione stipulata
     nell’anno 1986 tra l’Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione, l’allora Soprintendenza Archeologica
     di Salerno, Avellino e Benevento, l’Università ‘L’Orientale' di Napoli, la cattedra di Archeologia dell’Università
     di Copenhagen e il Comune di Pontecagnano Faiano: grazie all’erogazione di fondi appositamente
     dedicati fu possibile avviare un programma sistematico di catalogazione dei contesti, da cui scaturì la pubblicazione
     dei numerosi volumi della serie Pontecagnano II dedicata alle necropoli, ognuno dei quali provvisto
     di un capitolo sull’inquadramento tipologico dei materiali.
     Ad essi si aggiunge, per quanto riguarda l’evidenza di Pontecagnano, lo studio del 1991 di M. Cuozzo e
     A. D’Andrea sulla periodizzazione del repertorio locale tra la fine del VII e la metà del V sec. a.C. 2, ma occorre
     anche ricordare i due Dizionari Terminologici sull’Età del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro e sulle Ceramiche
     d’impasto dell’Età Orientalizzante in Italia curati nel 1980 e nel 2000 da una studiosa di alto livello come
     F. Parise Badoni 3, che riflettono l’obiettivo allora perseguito dall’Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione
     di definire uno standard descrittivo omogeneo dei manufatti archeologici, valido su scala nazionale.
     Il progetto, avviato con la convenzione su Pontecagnano, si iscrive all’interno di questo disegno condiviso,
     alimentato dalla convinzione che fosse necessario programmare la redazione di vocabolari comuni per la messa
     a punto di repertori territoriali della cultura materiale reciprocamente compatibili.
     Una seconda tappa fondamentale verso l’obiettivo di un sistema tipologico di Pontecagnano è rappresentata
     dalla costruzione di un GIS della necropoli, fondato sull’integrazione tra la cartografia georeferenziata dei
     sepolcreti e un data-base per la schedatura delle tombe e dei corredi imperniato su una struttura codificata di
     dati e di campi descrittivi 4. Elaborato per la gestione dei dati di un campione delle necropoli di età orientalizzante,
     il data-base è stato successivamente applicato a una scala più ampia in occasione del trasferimento alla
     nuova sede del Museo Archeologico Nazionale dell’Agro Picentino inaugurata nel 2007, quando le esigenze di
     tutela connesse all’imballaggio e al trasporto dei corredi resero necessario realizzare in un tempo ristretto un
     intervento di schedatura di prima immissione estesa all’intera evidenza delle necropoli.
     Il Dizionario della cultura materiale di Pontecagnano giunge, dunque, a valle di un lungo percorso di tutela,
     ricerca e formazione scientifica, proponendosi di tradurre in un sistema organizzato di informazioni, gestibile
     e comunicabile, l’enorme base documentaria oggi disponibile per il sito antico: ciò ovviamente ha significato
     confrontarsi con scelte legate a problemi scientifici complessi e ancora aperti quali, oltre alla questione del
     vocabolario, quelli della definizione delle classi e della tassonomia tipologica.
     Ci si limita solo a richiamare quest’ultimo aspetto perché accomuna trasversalmente l’intera collana e l’esplicitazione
     dei criteri seguiti rappresenta un doveroso esercizio di trasparenza.
     Va chiarito preliminarmente che nella nostra ottica la tipologia è formale, e non funzionale; il tipo ha un
     valore etico e non emico: esso non rispecchia l’ideale modello presente nella mente dell’artigiano, ma l’individuazione
     da parte dello studioso di caratteri comuni che permettono di distinguere un gruppo di esemplari da
     altri gruppi all’interno della stessa famiglia (la brocca, l’anfora, etc.). Il campo di variabilità di un tipo è un
     valore, perché ci informa sull’organizzazione del lavoro nella compagine sociale di riferimento: un accentuato
     processo di standardizzazione starà a indicare un elevato livello di divisione del lavoro.
     Le produzioni riconducibili a un ambito locale/regionale sono state inserite in tipologie fondate su un criterio
     morfologico, di carattere aperto e dunque implementabili, ordinate su livelli gerarchici connessi ai progressivi
     gradi di definizione dell’evidenza: poiché si è considerato prioritario l’obiettivo di una agevole consultazione
     dei dizionari quali strumento concreto di schedatura e anche di inquadramento della produzione
     materiale di Pontecagnano nel panorama più ampio di quello dell’Italia antica, si è scelto di limitarsi ai livelli
     della ‘famiglia’ identificata con il numero arabo, del ‘tipo’ identificato con la lettera maiuscola e della ‘varietà’
    identificata con un secondo numero arabo; solo nei casi di ‘famiglie’ contraddistinte da un’articolazione tipologica
     più complessa si è introdotta nella classificazione la nozione intermedia di ‘raggruppamento’ identificato
     dalla lettera maiuscola tra [ ]: il ‘tipo’ è stato allora designato dal numero e la ‘varietà’ dalla lettera minuscola
     5. All’interno di ogni fascicolo la presentazione analitica del repertorio è ridotta ai termini essenziali della
     descrizione morfologica e, nel caso della Prima Età del Ferro, della sintassi e dei motivi decorativi della ceramica
     d’impasto.
     Il repertorio tipologico è integrato da un sobrio apparato di confronti, mentre si è preferito destinare brevi
     sezioni distinte all’inquadramento e alla discussione di problemi specifici sollevati dallo studio dei materiali e
     dalla definizione delle class
     Come si può evincere dal breve sommario dei fascicoli, le classi di importazione, comprese, ad esempio,
     quelle delle produzioni ceramiche figurate, non sono state inserite in tipologia per non creare inutili duplicazioni
     rispetto a sistemi di classificazione che, per quanto non configurabili come tipologie in senso stretto,
     sono ormai entrati in letteratura: si è per questo ritenuto più produttivo trattare la loro attestazione nell’orizzonte
     culturale locale in rassegne di sintesi all’interno dei relativi fascicoli. Una cura particolare è stata dedicata
     alla definizione di orizzonti crono-tipologici e a una rivisitazione dei problemi di cronologia relativa e assoluta,
     ai quali la sequenza molto serrata ricavabile dalla stratigrafia delle necropoli può fornire un analitico
     supporto contestuale.
     Un caso particolare è costituito dalla ceramica a vernice nera. Se la produzione più antica di tipo attico, in
     assenza di studi analitici applicati al contesto locale/regionale, è stata considerata alla stregua di una classe di
     importazione e, quindi, è stata discussa all’interno di una rassegna, per quella databile dalla metà del V sec.
     a.C., su cui si dispone di una conoscenza più approfondita della sequenza locale, si è adottato il principio
     della classificazione tipologica, ma la scelta più funzionale è parsa naturalmente quella di utilizzare la struttura
     logico-descrittiva elaborata da J.-P. Morel per la ceramica campana 6, che garantisce al meglio la possibilità di
     conguaglio entro un sistema cronologico e produttivo coerente e di ampio respiro.
     Un’ultima annotazione è, infine, necessaria prima di concludere.
     Se si è insistito sui tempi lunghi occorsi per l’elaborazione del Dizionario, è anche per sottolineare la complessità
     di un’operazione che ha richiesto una continua rimessa a punto di metodi, procedure e obiettivi attraverso
     una sorta di aggiornamento permanente che ha coinvolto studiosi di generazioni diverse.
     Oggi sembra giunto il momento di proporre al pubblico giudizio il risultato del nostro lavoro, confidando
     che esso sia trattato nella sua duplice dimensione di punto di arrivo ma anche di partenza per le ricerche future
     che devono continuare a essere alimentate: il migliore augurio che possa rivolgersi a un strumento di classificazione
     è, infatti, quello di essere dinamico.