Le Cacce di messer Domenico Boccamazza. Contributo alla topografia della Campagna Romana nel secolo XVI (con DVD) - Sergio Mineo - Miscellanea della Società romana di storia patria; 60 LXIV (64)

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  • Prezzo: € 40.00
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    Descrizione:

    In 8°, bross. edit. con bandelle,  pp. XVIII, 478, + 2 CD 

    Collana Miscellanea della Società romana di storia patria, 64

    Domenico Boccamazza, capocaccia di papa Leone X (1513-1521), il “Principe cacciatore”, fu
    autore di quello che è considerato “il trattato italiano di caccia più illustre del XVI secolo” (P.
    Galloni). Esso illustra un aspetto della vita di una corte ecclesiastica rinascimentale, la pratica della
    caccia, vietata dalla Chiesa ai prelati già nel IX secolo ma stimata nel tempo “unico esercizio degno
    del principe”. L'opera, fondamentale per la conoscenza della topografia cinquecentesca della
    Campagna Romana e, indirettamente, dei suoi precedenti di età medievale e romana, descrive una
    Campagna Romana particolarmente suggestiva, nel cui ecosistema, per usare un termine oggi in
    voga, fin da allora l'autore riconosceva alcuni pericolosi segni di alterazione.
    L’edizione del Trattato, riprodotto dall’originale del 1548, ricalca l'impostazione topografica data
    da Th. Ashby alla sua esposizione della Mappa della Campagna Romana di Eufrosino della
    Volpaia, coeva al Trattato del Boccamazza e ad esso concettualmente legata.
    L'edizione comprende le schede degli oltre 750 toponimi e 70 tracciati stradali descritti nel testo
    originale, relativi agli itinerari di caccia dell'epoca di Leone X, identificati in un ampio territorio
    compreso tra il suburbio di Roma e l'alto Lazio, ed è arricchita degli indici topografici dei toponimi
    cinquecenteschi e di quelli corrispondenti attualmente in uso, con particolare riguardo agli elementi
    del paesaggio.
    Allegati al volume ci sono due CD (per Windows e per Mac) ove è possibile la consultazione sia off
    che on line della cartografia completa del territorio in esame, con la localizzazione dei toponimi e
    della viabilità cinquecentesca su base Carta Tecnica Regionale della Regione Lazio.


    Pare che fu un certo cardinale Lodovico Scarampi vissuto intorno alla metà del Quattrocento a introdurre a Roma le grandi cacce. Un gustoso trattatello edito nel 1540 ci parla delle cacce nella campagna romana. L'autore, tale Domenico Boccamazza, non parla per sentito dire: era il capocaccia di Leone X de' Medici, grande amante dell'arte venatoria. Si cacciava in due modi, ci informa, "scampagnando", cioè correndo la campagna con cavalli e mute di cani, oppure da fermo, vale a dire con dei campi "apparecchiati" secondo la moda francese delle "tele", sorta di reti particolarmente adatte all'uccellagione.
     I cervi e i cinghiali già allora scarseggiavano? Ecco allora Papa Leone riservare a sé e alla sua corte un'enorme fetta di campagna, la più ricca di selvaggina, dalla Storta sulla Cassia al Tevere fino alla foce e da qui lungo il litorale fino all'Arrone. Al centro di quella bandita di caccia c'erano il casale della Magliana e il castello di Palo, padiglioni prediletti dal Papa  (da Luigi Cherubini - Portale di Roma.net).